domenica 15 maggio 2011

Questo è quel lago

Mi impensierisce molto scrivere il post che vorrei scrivere stasera. Non è facile, per tanti motivi: una parte di me pensa che il tema sia pietoso, l'altra parte di me a questo tema gli vuole bene, e pensa che l'archiviazione come "pietoso" sia la solita scusa che usa la parte più arida razionale e bacchettona di me per quello che smuove nell'altra mia parte più zingara (Amici miei parlando) sensazioni sconvenienti per cose sconvenienti.
La Goliardia. Anzi, spiegare o anche solo raccontare la Goliardia a persone che non hanno tanta o per niente idea di cosa sia. Sarà a due voci questo tentativo di spiegazione, sappiatelo, in virtù dell'affatto incipiente ma ben radicata schizofrenia che mi assale e travolge in particolare nel trattare argomenti spinosi e controversi.

Le matricole sono quei coglioni alcolizzati che passano la loro vita diciamo universitaria (perchè per dire studentesca bisognerebbe che studiassero) a farsi dire da altri coglioni alcolizzati più grandi, alcuni decisamente vecchi, dotati quindi di più "bolli", ad esempio di abbassarsi i pantaloni intonando sonori "coccodè" in mezzo a Via del Corso. E dopo esserselo fatto dire lo fanno, con un entusiasmo sconcertante. Chi "fa le Feriae" (Matricularum Senensium) con la scusa di voler rendere immortali e indimenticabili i propri 20 anni, che diventano atrocemente 30 e poi drammaticamente 40, vive (spesso sopravvive) in un'eterna e direi amara Sindrome di Peter Pan, da cui non guarirà mai. Avviene un inquietante lavaggio del cervello che si basa sullo spirito di appartenenza e di partecipazione a valori (?) condivisi, che è il motore primo di ogni associazione umana (dalla parrocchia a Al qaeda, ognuna col suo fardello di drammatici risvolti se non fosse per l'ancestrale vantaggio darwiniano dell'aggregarsi - per la serie: "Nessun uomo è un'isola. Maledizione."). Credono che la loro giovinezza (??) sarebbe uno degli effimeri gigli che si fuggono tuttavia, che fioriscono e sfioriscono ad ogni angolo di strada, triturati dall'impietoso volare via del tempo, e che invece così il loro nome di Principi e Balioti resterà, a fianco delle grandiose gesta di cui comunque poco si ricordano da sobri, negli annali della gloria (se non altro nella lista di Wikipedia e su Youtube).

Il fatto è che io ci casco sempre con tutte le scarpe; mentre questa stronza acida che mi porto appresso e di cui ora sapete l'opinione mi guarda con disapprovazione io mi commuovo e a teatro, nella penombra, prima che vada in scena l'ultima rappresentazione dell'Operetta, canto sottovoce Gaudeamus Igitur sorridendo, rispolverandolo da un devo ammettere amato cassetto della memoria, quello di una me sedicenne, poi diciassettenne, studentessa di un liceo per niente estraneo a questo clima e che a sua volta era per questo amato/odiato a seconda di quale veste mi andava di portare. Non me ne frega più un cazzo del nonnismo (deprecabile e fascista blablabla), del divieto per le donne di partecipare (antidemocratico e razzista blablabla), del fatto che un tizio di credo neanche 5 anni più giovane di mio padre mi abbia appena messo una mano quasi sul culo per passarmi poi avanti in fila al bar (viscido maniaco blablabla). La città per questa settimana è loro, fanno quello che devono e cioè quello che vogliono. C'è dell'attrazione in tutto questo, come in tutto ciò che a pelle suona sbagliato. Il Gaspero mi rapisce, mi porta con sè nella voluttuosa e riposante ottica del fancazzismo proclamato con fierezza come unico stile di vita che abbia un senso adottare dal momento che del doman non v'è certezza. Piume, mantelli, gente che conosco. Baci, abbracci, odore di vino e di sudore, Facce nuove e più giovani che mi fanno sentire addosso la loro stessa ansia che troppo presto verrà un domani che non voglio, in cui quello non sarà il mio posto, in cui dovrò semmai preoccuparmi egoisticamente che non lo frequentino troppo i miei figli (e quel che è peggio le mie figlie!). C'è della genialità in questa casta di deficienti fuori dal mondo e dal tempo, l'ho pensato oggi ad esempio mentre leggevo su un loro vecchio Numero Unico di uno scherzo, uno dei tanti, fatto ai residenti del centro e al Comune (lettere distribuite in ogni casa con scritto che per emissione di falsi permessi ztl tutti dovevano entro 48 ore farvi apporre un timbro indelebile previa autenticazione dello stesso; conseguente isteria collettiva e intasamento degli uffici). Con un certo spirito decadente oggi torno a Firenze dopo questa parentesi senese, con la sensazione che le mie radici di identità si trovino dove meno vorrei che si trovassero ma dove in fondo mi piace che si trovino...

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